Sebastiano Isaia
Scrive
Thomas Piketty nel suo ormai celebre (e “monumentale”: 928 pagine nella sua
versione italiana recentemente pubblicata da Bompiani) studio sul Capitale del XXI secolo: «La crescita moderna e la diffusione delle
conoscenze hanno permesso di evitare l’apocalisse marxista, ma non hanno
modificato le strutture profonde del capitalismo e delle disuguaglianze. […]
Tuttavia, esistono strumenti in grado di far sì che la democrazia e l’interesse
generale si riprendano il controllo del capitalismo e degli interessi privati,
senza peraltro fare ricorso a misure protezionistiche e nazionalistiche»
(1).
Sorvoliamo sull’«apocalisse marxista», suggestiva locuzione
che allude a quell’ideologia crollista elaborata da non pochi zelanti epigoni
che con il maestro di Treviri c’entrano assai poco (salvo che non si voglia
inchiodare il poveretto a singole frasi di stampo “apocalittico”); chiediamoci
piuttosto quando la democrazia e il cosiddetto «interesse generale»
hanno avuto «il controllo del capitalismo e degli interessi privati». La mia
risposta è: mai.