Rossana Rossanda ✆ A.d. |
Sommersi come siamo dai luoghi comuni sulla vecchiaia non
riusciamo più a distinguere una carrozzella da un tapis roulant. Lo stereotipo
della vecchiaia sorridente che corre e fa ginnastica ha finito con l'avere il
sopravvento sull'immagine ben più mesta di una decadenza che provoca dolore e
tristezza. Guardo Rossana Rossanda, il suo inconfondibile neo. La guardo mentre
i polsi esili sfiorano i braccioli della sedia con le ruote. La guardo immersa
nella grande stanza al piano terra di un bel palazzo sul lungo Senna. La guardo
in quel concentrato di passato importante e di presente incerto che rappresenta
la sua vita. Da qualche parte Philip Roth ha scritto che la vecchiaia non è una
battaglia, ma un massacro.
La guardo con la tenerezza con cui si amano le cose fragili
che si perdono. La guardo pensando che sia una figura importante della nostra
storia comune. Legata al partito comunista, fu radiata nel 1969 e insieme, tra
gli altri, a Pintor, Parlato, Magri, Natoli e Castellina, contribuì a fondare
Il manifesto. Mi guarda un po' rassegnata e un po' incuriosita. Qualche mese fa
ha perso il compagno K. S. Karol. "Per una donna come me, che ha avuto la
fortuna di vivere anni interessanti, l'amore è stato un'esperienza particolare.
Non avevo modelli. Non mi ero consegnata alle aspirazioni delle zie e della
mamma. Non volevo essere come loro. Con Karol siamo stati assieme a lungo. Io a
Roma e lui a Parigi. Poi ci siamo riuniti. Quando ha perso la vista mi sono
trasferita definitivamente a Parigi. Siamo diventati come due vecchi coniugi
con il loro alfabeto privato ", dice.