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Sigmund Freud & Martin Heidegger |
Enrica Lisciani-Petrini | 1. Se
c’è un aspetto sul quale val la pena di focalizzare l’attenzione – se si
guarda, anche con uno sguardo di sorvolo, al quadrante storico che va da
Baudelaire fino ai giorni nostri – è la pervasiva e crescente irruzione della
vita quotidiana a tutti i livelli. Dall’arte (cinema, fotografia, letteratura,
pittura, come anche nella musica) fino agli altri ambiti della realtà, emerge –
con l’avvento soprattutto della vita metropolitana – una visione delle cose che
si separa dalle forme spirituali, perfette, armoniose, dalle figure eroiche del
passato, per lasciare il posto alle forme informi della vita anonima e
brulicante, refrattaria ad ogni qualifica, del quotidiano. Sì che alla figura
dell’eroe (ovvero dell’eroina) subentra quella dell’uomo qualunque, del “chiunque”
anonimo, insomma dell’«uomo senza qualità» per dirla con la celeberrima
espressione di Musil. Il che smantella quella nozione di soggetto che trova nel
personaggio dell’eroe, effigiato in una luminosa aureola identitaria, quale
soggetto incomparabile, individualmente unico e insostituibile, il suo emblema
principe. Non a caso, del resto, il processo di progressiva, per dir così,
“quotidianizzazione” del reale va di pari passo proprio con quella radicale
dissoluzione della categoria di soggetto che ha attraversato, come ben si sa,
l’intero Novecento.