La recente evoluzione delle discussioni circa Internet e la
rivoluzione numerica – che queste discussioni siano giornalistiche, di saggisti
o di accademici – costituisce il fenomeno culturale maggiore della nostra
epoca. All’inizio, negli anni 2000, queste discussioni avevano
maggiormente seguito le intuizioni che derivano dal cyber-libertarismo degli hacker e dall’anarchismo dei teorici del
software libero1. Diversi nel tono così come nel
contenuto, essi avevano senza dubbio la loro espressione più compiuta dal punto
di vista teorico nei lavori di Lawrence Lessig et di Yochai Benkler.
Promotore della licenza “Creative commons”, Lessig 2 vedeva nell’esplosione di
Internet il principio di una estensione straordinaria del tema liberale del free speech che incita la
comunicazione peer to peer. Essa farebbe scoppiare, egli spiegava,
l’alleanza oggettiva, fino a quel momento dominante, dello Stato autoritario e
dell’impresa capitalistica; alleanza sigillata da un’organizzazione della
proprietà che sacralizza abusivamente il possesso privato ed esclusivo, grazie
soprattutto al diritto della proprietà intellettuale. Benkler 3, da parte sua, partiva più
direttamente dall’economia.